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Funerale del Soldato Indiano

Durante l’inverno tra il 1944 e il 1945, mentre il fronte purtroppo era fermo tra Faenza e  Castelbolognese la compagnia di cui faceva parte il soldato nepalese Kurerom stazionava nella nostra zona , accampata non con delle tende, ma distribuita nelle case dei contadini. Ogni tanto partivano per andare a combatter in prima linea per tentare di sfondare la strenua difesa dei tedeschi, poi ritornavano nelle nostre case venendo sostituiti in prima linea da altre truppe. Una mattina di ritorno dal fronte i soldati si sparpagliarono per la campagna e incominciarono  a togliere i pali che sostenevano le viti, li accatastavano in  un mucchio nel nostro campo a circa trenta metri dalla nostra casa. Mio padre preoccupato ed anche arrabbiato per il disastro che stavano combinando, andò a parlare col comandante assieme agli altri contadini. Il comandante spiegò che dovevano fare un funerale ad un soldato che era morto durante la notte colpito da un cecchino tedesco. Secondo la religione alla quale apparteneva il militare il corpo non andava seppellito , ma bensì bruciato . Mio padre e gli altri contadini cercarono di protestare per aver tolto tutti quei pali che sostenevano i filari di viti, ma il comandante tagliò corto dicendo: Noi dopo pagare.
Fatta la catasta di legna  alcuni soldati tirarono giù da un camion che era fermo nella nostra aia il corpo del soldato morto avvolto con delle coperte quindi si avviarono verso la catasta  di legna seguiti da molti di noi incuriositi da questo strano funerale. I soldati visto che non riuscivano ad allontanare la folla, si schierarono in un cerchio e con delle coperte ci impedivano di vedere , ma capimmo che il soldato era stato spogliato, perché tirarono via gli indumenti, poi misero il corpo sulla legna lo coprirono con altri pali e poi accesero il fuoco. Bruciò fino alla mattina del giorno dopo. Nel frattempo nonostante ci fossero due soldati  di guardia in tanti erano andati a raccogliere le coperte  e gli indumenti del soldato ucciso, i soldati di guardia lasciavano fare ridacchiando. Finito di bruciare raccolsero un po’ di cenere da spedire alla famiglia . Ci dissero che i familiari l’avrebbero poi conservata in casa,  a noi tutto questo  sembrava molto strano.
Il giorno dopo per ripagarci del danno dei pali ci portarono alcune coperte militari e un po’ di zucchero che a quei tempi era quasi introvabile se non al mercato nero. Qualche tempo dopo ormai partiti i soldati vedemmo un vicino che indossava la divisa del soldato col buco del proiettile proprio all’altezza del cuore.
Oggi anche da noi è ammesso la facoltà di bruciare i corpi dei defunti.

LUIGI LOLLI

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